Gentile Sig.ra Prada ammiro da molto tempo la sua creatività e l’intramontabile borsa Prada di nylon ma sono rimasta delusa dall’apprendere che, invece di abbandonare l’uso della pelliccia, Prada abbia scelto semplicemente di ridurne la quantità in vendita.
Una riduzione ‘graduale’ non è di consolazione per gli animali che vivono in condizioni penose all’interno di minuscole gabbie negli allevamenti da pelliccia e che, in questo momento, sono sottoposti ad elettrocuzioni anali e scuoiati vivi per la loro pelliccia. Per favore, abbandoni la pelliccia immediatamente.
È questo l’appello che Pamela Anderson, ex bagnina di Baywatch ha scritto a Miuccia Prada a nome della Peta Usa (People for the Ethical Treatment of Animals, organizzazione no-profit a sostegno dei diritti animali). L’appello è chiaro perché Pamela Anderson ha spesso e volentieri prestato la sua immagine come attivista per la PETA e anche in questa occasione non si è risparmiata per chiedere a Prada di dismettere “immediatamente e definitivamente con l’uso delle pellicce nelle sue collezioni, non di ridurle gradualmente” come la designer aveva annunciato in occasione della sfilate milanesi.
Prada continua a difendersi spiegando che le pellicce rappresentano solo l’0,1% della propria produzione, ma di fatto la pressione sulla casa di moda cresce anche in occasione del primo approccio fra Prada e la LAV come ambasciatrice della Fur free alliance dopo la campagna globale #Pradafurfree. Di certo i consumatori hanno optato per la scelta etica, consapevole che non esiste un modo per poter uccidere umanamente gli animali tanto che i colossi della moda se ne sono già resi conto e via via Gucci, Versace, Armani, Michael Kors, Burberry, Furla, Stella McCartney. E anche la London Fashion Week se ne è accorta mettendo proprio al bando le pellicce esattamente come ha già fatto la città di San Francisco.