La femminilità ha forse bisogno di essere riletta, in modo che risponda alle spinte e ai mutamenti della contemporaneità. Se ne sono resti conto Phoebe Philo per Cèline e Riccardo Tisci per Givenchy che hanno proposto una loro lettura. Molto eloquente e affascinante.
Cèline sceglie l’essenzialità e la pulizia delle linee geometriche e dei volumi ampi e morbidi. Per le gonne svasate e i cappotti a uovo o larghi dalle linee ridotte al minimo. Per gli scolli rotondi e i colli a cratere o che, con stampa a contrasto, si fanno decorativi rispetto alla tinta unita del resto. Per le mantelle asimmetriche e per le stole, protagoniste assolute della collezione.
E poi coccola con pois e balze e colori pastello e morbidi come il rosa pallido, l’albiccocca ed il ceruleo ed il crema. Per raffreddare con il verde e il blu navy. E poi rompe con il tartan e le righe e poi irrompe con abiti in feltro di lana smanicati ma con le maniche legate in vita. O con le borse in cui infilare le maniche, che sono borse da spiaggia o per la spesa.
Ma la rottura rientra nella linea interpretativa della nuova femminilità che resta indiscussa e indiscutibilmente elegante.
Riccardo Tisci, invece fa introdurre la sua sfilata ad un Antony Hegarty che inneggia alla femminilità. Per poi fondere ciò che è femminile con ciò che è maschile e tocchi di ispirazione urban e street.
Ed ecco allora felpe e maglie bianche con immagini sacre e ritratti d’autore e Bambi il cerbiatto. Così il chiodo, le giacche maschili e spessi maglioni sono indossati su gonne fluttuanti, a balze, decorate da rose rosse.
Oppure il chiodo diventa una sovragonna da indossare in vita con cuffia retrò sulla testa e gilet di pelliccia. E a portare il passerella il messaggio di Givenchy sono donne come Bianca Balti, Maria Carla Boscono, Natalia Vodianova e Isabel Fontana.
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