Miuccia Prada ha sentito la necessità di spiegare le sue creazioni per il prossimo autunno-inverno 2013-14 come espressione di “un’eleganza cruda, rude, dura. C’è come una rabbia di fondo difficile da spiegare”.
Molto difficile da spiegare, un’eleganza tormentata. Il concetto è più facile da incassare, però, se si guarda alla collezione come ad una protesta in passerella: si alzano voci diverse e discordanti che però, in fondo, perseguono un ideale analogo. E allora si spiega il tubino in pelle dorata e maltrattata, dai tagli asimmetrici e dalle spalline calate a scoprire le spalle. O indossato su un maglione di lana grossa, maschile.
Si trova pace nel cappottino bon ton, dalla gonna ruota e in quadretti vichy bianchi e rosa o nei manicotti di pelliccia. E di nuovo entra il messaggio forte del grido dei capelli bagnati sulle spalle e delle grandi bowling in coccodrillo.
E se una voce afferma vichy, l’altra dice righe verticali bordeaux e blu. Si leva poi la voce del tartan e quella dei ricami scintillanti. E’ il senso tormentato degli accostamenti che cozzano e la crudezza della pelle, appena tagliata in pannelli e assemblata. Ed il grezzo tweed.
Mentre il dialogo trova punti di incontro nelle leggere sottovesti ricamate indossate sotto alle pellicce, dove l’unica nuance è un comprensibile marrone. Mentre confortanti a fianco dell’asimmetria, sono i tagli sartoriali. Perchè in questo linguaggio multiforme trova posto anche l’antico come qualcosa che, per definizione, è anteposto, sta avanti e corre su sandali dal tacco grosso, grezzo.
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