Pensavo a Becky, Becky Bloomwood, la protagonista della saga di “I love shopping” di Sophie Kinsella, che poi è una traduzione italiana del primo libro della serie che si intitola “The Secret Dreamworld of a Shopaholic”. Ma il mondo di una shopaholic, un’alcolizzata di shopping, non può essere un mondo di sogno, perchè il termine indica, di per sè, una dipendenza, ovvero qualcosa che spaventa sempre.
Sia chiaro, amo il mondo leggero di Becky, le sue scarpe e le sue svendite segrete nei palazzi pericolanti di New York… Ma vederla utilizzare una culla al posto di un carrello, per riempirla di abitini per un figlio di cui ancora non conosce il sesso… E poi osservarla mentre si abbuffa di cose che non userà mai. Tutto questo mi preoccupavava più che divertirmi. E lo shopping compulsivo è qualcosa di cui preoccuparsi perchè rientra tra le dipendenze patologiche: e ciò indica l’esistenza di un disagio alla base.
Per quanto riguarda lo shopping compulsivo nelle donne, questo è indirizzato, soprattutto verso vestiti, scarpe, gioielli, oggetti per il make up, seguiti da articoli per la casa e libri e non è un caso: gli abiti, gli accessori ed il trucco sono, in qualche modo, un’estensione di noi stesse, sono uno dei modi in cui noi ci esprimiamo. Secondo l’Hollander noi indossiamo i vestiti per le stesse ragioni per cui parliamo: per rendere la nostra vita semplice e confortevole, per affermare o camuffare la nostra identità e per attrarre sessualmente.
Li usiamo , dunque, per soddisfare delle necessità fondamentali. E questo va bene finchè un equilibrio non si rompe, finchè non si crea un vuoto. Ci può capitare di perdere qualcuno, di subire traumi o eventi fortemente stressanti e così la nostra identità stessa entra in crisi e abbiamo bisogno di ristabilirla, di recuperare un’immagine positiva di noi, di ritrovare felicità.
E quando non riusciamo a trovare tutto questo dentro di noi, possiamo tentare di cercarlo nelle cose materiali, abbuffandoci di queste per colmare un vuoto, scaldarci e trovare conforto. Secondo il Krueger l’azione impulsiva è la riparazione di una disorganizzazione del sè derivante da una ferita narcisistica.
Quindi con le cose, con abiti, borse e scarpe tentiamo di ritrovare un’immagine di noi attraente, di sentirci desiderabili a livello sociale, di alimentare il nostro naricisismo che qualcuno o qualcosa hanno minato…
Ognuna di noi ha sperimentato tutto questo ma ci sono dei livelli oltre i quali tutto questo diventa dipendenza. Ne parliamo domani.
Marta 3 Luglio 2012 il 18:41
bellissimo!!